Archivio-Biblioteca Enrico Travaglini

per gli studi sociali e il libero pensiero

I confinati Camillo Del Foco e Salvatore Angelotti

 

Gli ex villeggianti Camillo Dal Foco e Salvatore Angelotti ringraziano le parole del Cavaliere Silvio Berlusconi

 

Le elevate temperature raggiunte in questa calda estate del 2003 non giustificano le recenti affermazioni del primo ministro italiano Silvio Berlusconi circa la differenza tra un feroce dittatore come Saddam Hussein e un innocuo statista italiano di nome Benito Mussolini che, secondo il cavaliere, durante il ventennio del regime fascista “non ammazzò nessuno” e “mandava la gente a fare vacanza al confino”.

Il biennio “squadristico” del 1921/'22 che portò Benito Mussolini alla carica di primo ministro ebbe un bilancio di oltre 3.000 morti negli scontri e un numero incalcolabile di violenze; le guerre contro la Spagna repubblicana e le guerre in Africa per la costruzione dell’Impero causarono centinaia di migliaia di vittime civili e militari (e ricordiamo che l’uso di gas in Etiopia e Libia non provocò una quantità di vittime paragonabile a quelle dei curdi morti con il gas di Saddam solamente per il differente sviluppo tecnologico delle armi e per la situazione geografica); centinaia di migliaia di morti e feriti sono il frutto della seconda guerra mondiale (più civili di militari secondo l’impostazione delle guerre moderne), in Italia e in tutti i fronti all’estero (Balcani, Russia, Nord Africa ecc.); la guerra di liberazione, i deportati nei lager... a chi devono essere imputati tutte queste morti e tutte queste violenze se non al regime fascista e al suo Duce impegnati in una folle ricostruzione della nazione e dell’impero?

Il fascismo non fu solo questo e le dichiarazioni di Silvio Berlusconi ci portano a credere che non si tratti di ignoranza ma di una deliberata riscrittura della storia.

Oltre alla repressione quotidiana, l’olio di ricino, le manganellate, le carcerazioni preventive, le discriminazioni per gli oppositori, c’era naturalmente il ricorso alla magistratura ordinaria, ma non bastava: dal 1926 fu creato il Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato e ripristinata la pena di morte già abolita nel 1888. Questo Tribunale Speciale giudicò oltre 5.600 imputati comminando 43 condanne a morte (di cui 32 eseguite mentre altre furono commutate in ergastolo).

Questa è la realtà, per chi vuole documentarsi è facile trovare nelle librerie un volume uscito un paio di anni fa intitolato I fucilati di Mussolini di Enzo Magrì, pubblicato dalle edizioni Baldini e Castoldi.

L’altro regalo del regime fascista a cui fa riferimento l’intervista del Cavaliere fu quello del “confino”, una trasformazione del domicilio coatto, che tra il novembre del 1926 e il luglio 1943 colpì oltre 15.000 italiani.

Nella provincia di Pesaro ci furono 92 assegnazioni al confino, noi non conosciamo la storia di tutti ma solo quella di alcuni e proviamo a raccontarvene due.

 

Camillo Dal Foco nasce a Cagli nel giugno del 1879, calzolaio. Inizialmente con simpatie socialiste aderisce poi all’anarchismo, partecipa a tutte le manifestazioni ed è pertanto tenuto sotto controllo dagli organi di polizia. Emigra alla ricerca di lavoro per alcuni anni in Svizzera, in Francia e in altre città italiane. Chiamato alle armi nel 1916 contrae malattia in servizio e nel 1918 gli viene riconosciuta una pensione poi revocata nel 1923. Il 13 dicembre del 1941 in un’osteria di Cagli (dopo aver bevuto qualche bicchiere) parlando con alcuni avventori che giocavano a carte si lamentò che “Il Duce è un assassino e un vigliacco perché mi ha tolto la pensione...”, redarguito da uno dei presenti sui rischi il Dal Foco aggiunse “Al confino ci andrà il Duce”. Dietro solerte denuncia di alcuni iscritti al partito fascista la sera stessa viene arrestato dai carabinieri. Il 17 gennaio del 1942 la Commissione provinciale lo assegna al confino per cinque anni e viene destinato ad Ustica.

Non è fortunato come altri antifascisti liberati dopo il luglio del 1943 perché muore in quella località turistica il 5 maggio del 1943.

  

Salvatore Angelotti, fornaio soprannominato “Paganello”, nasce a Pesaro nel gennaio del 1876, anarchico. Emigra per 4 anni in Francia, ritorna in Italia perché richiamato alle armi per la prima guerra mondiale, ma tiene cattiva condotta ed è condannato per diserzione. Alla fine della guerra torna in Francia dove vi rimane per altri 10 anni. Al rientro in Italia conduce una vita girovaga e più volte viene arrestato dalle forze dell’ordine. La sera del 18 marzo 1933 in un’osteria di Cattolica in una discussione tra gli avventori pronuncia la seguente frase: “Vado a culo anche a Mussolini”. Accompagnato incaserma da solerti difensori della patria viene immediatamente arrestato e il 30 giugno destinato a tre anni di confino a Ustica. Rientrato a Pesaro nel 1936, il 7 giugno dell’anno successivo la Commissione Provinciale di Pesaro lo assegna a ulteriori cinque anni di confino perché riconosciuto colpevole di aver pronunziato le seguenti frasi: “Vieni o Maggio ti aspettan le genti”, “Noi lottiamo contro la borghesia e siamo con l’anarchia”, “Stì delinquenti di fascisti sono gli affamatori degli operai”, e altre.

Stavolta l’assegnazione è presso un villaggio turistico delle isole Tremiti.

Muore il 28 marzo 1939, nell’attrezzatissima infermeria della “colonia” penale delle Tremiti per ulcera gastrica perforata e anuria.

 

Fano, 14.9.2003

Circolo Culturale Napoleone Papini

 

I dati su Camillo Dal Foco e Salvatore Angelotti sono ripresi dalle schede personali conservate all’Archivio centrale dello Stato (Casellario politico centrale).

Submit to FacebookSubmit to Google BookmarksSubmit to TechnoratiSubmit to TwitterSubmit to LinkedIn